Il visitatore che esce da una mostra di Giuseppe Arigliano, porta con se il turbamento gioioso di chi ha vissuto di una natura, sia marina sia terrestre, sospesa per i fili di un mondo incantato, lustro per trasparenze di mare impalpabili o per solidità di rocce dalla irraggiungibile libertà.
Ogni cosa nella pittura di Arigliano offre emozioni profonde proprie della pace che alita nei dipinti del pittore ligure. In questa solenne pace fatta di colori, sono trattenute voci inattese e carezzanti.
Bisogna osservarle bene queste opere di Arigliano umili e nobili come nobile e profondamente e festosamente umile è l'animo del nostro.
Ho conosciuto bene Arigliano, anche tramite il racconto che mi ha fatto della sua vita di pittore, un racconto semplice e sincero esternato davanti al mare, vale a dire nel bel mezzo della sua ispirazione, quel mare che per lui è un vero e proprio girotondo.
Egli tratta questo suo mare con libertà ma anche con tanta serenità d'animo; e non solo, lo tratta in maniera delicata e aerea quasi a svelare infine il suo segreto spasimo proprio nel fondo della sua espressione, spasimo fatto di soffuse luci o taglienti rocce o libero mare.
Questi lavori di Arigliano sono lieti oggetti della nostra contemplazione.
Essi sembrano fissati nel vetro di una visione pacata e agreste.
"Et in Arcadia ego" direbbe il poeta e in questa limpida visione i paesaggi marini del pittore ligure segnano un luogo particolarmente prezioso, trasfigurando quasi pur nella temporalità del fatto che non viola il gusto materico ma che lo trasforma per la luce, che ora placa le crudezze dell'immagine reale ora le esalta con la forza della più pura espressione.
Cosi corre via esaltandosi il mondo, poetico e pittorico di Arigliano che ha fatto dell'Impressionismo la sua fede svolgendolo senza intellettualismi o scherzi letterari, conscio del suo trascendere ciò che è pura attrattiva di maniera e immergersi con schietto amore e con sicuro fare nelle bellezze di una sua verità. Una verità che per Arigliano è anche inquietudine che lo tormenta per quella natura ancora odorosa delle fioriture impressionistiche, adombrate dalle visioni di un'antica fede dunque esortante a cercare e amare nell'arte la sua ispirazione di sempre, che lui, Arigliano, non ha mai abbandonata.
Pertanto la sua narrazione si fa festosa e leggiadra, diviene per lui vera e propria ricreazione che si esalta sempre più e freme alle note più alte del suo modello, fanfara naturale del suo viaggio pittorico. Questa fanfara gli viene dal mare, per lui luogo celeste e terreno dove la vita non è mai sensuale ma tutto armonia pittorica e si fonde in un'unica soavità cromatica.
La forma è sempre equilibrata, il taglio compositivo mai austero e mai frivolo; essa arricchisce il canto pittorico dell'artista ligure già foggiato e misurato.
Non si scorgono mai frammenti di preziosità stilistiche, semmai episodi di sentimento, idee di segrete cose.
Queste cose segrete sono coloriture disegnate. Aperte e luminose, fatte di luci e di segni che hanno qualcosa di fatuo in uno scenario che è sempre vita e si fonde sempre e si mescola come cosa viva a tutto ciò che vive e si accende come si accende in effetti tutta la natura.
Arigliano ha il dono di esporci queste sue cose con soavità e freschezza, dettate dall'amore per la natura senza rapimenti o impeti estatici.
Non urta la precisione del segno né urta la libertà di raffigurazione.
Sono minuzie; noi vi lasciamo alla loro contemplazione, immagini familiari per chi ha avuto un contatto profondo con la divina purezza della natura.